Il telefono squilla. È un’agenzia di casting: vogliono tuo figlio per uno spot pubblicitario. Oppure tua figlia è stata scelta per una fiction o ha raggiunto numeri da capogiro sui social. È l’inizio di un sogno? Forse sì. Ma spesso è anche l’inizio di un incubo burocratico per i genitori: “E adesso dobbiamo aprire la Partita IVA?”
La domanda è frequente. La confusione, legittima. Ma la risposta – almeno per una volta – è semplice: no, non serve aprire una Partita IVA per un figlio minorenne che lavora nel mondo dello spettacolo.
Il lavoro minorile nello spettacolo dovete sapere che è un’eccezione alla regola. Infatti in Italia, il lavoro minorile è vietato. Ma il settore dello spettacolo rappresenta un’eccezione ben precisa. Cinema, teatro, TV, moda e persino pubblicità e social media sono ambiti in cui un minore può operare legalmente, a patto che siano rispettate precise tutele.
La prima e più importante riguarda l’autorizzazione del Tribunale per i Minorenni. È il giudice a valutare se l’impegno è compatibile con l’età del bambino, il suo benessere psicologico, fisico ed educativo. Senza questa autorizzazione, qualsiasi attività lavorativa è illegittima, anche se “solo per un giorno” o “solo per una foto”.
Come poter gestire i compensi e il fisco? Una volta autorizzata l’attività, si può procedere alla firma del contratto. Ma attenzione: il contratto viene stipulato a nome del minore, anche se a firmare sono i genitori. Il compenso, dunque, è tecnicamente suo, ma la sua gestione è affidata alla responsabilità genitoriale.
I pagamenti possono avvenire con prestazioni occasionali o contratti di collaborazione. Se si tratta di uno spot, una sfilata o un set fotografico una tantum, basta una ritenuta d’acconto. Se invece il lavoro è più continuativo (ad esempio una serie TV), si può ricorrere a un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co). In entrambi i casi, la Partita IVA non è necessaria.
Inoltre, la normativa prevede che una quota dei compensi venga accantonata su un libretto vincolato intestato al minore, accessibile solo al compimento dei 18 anni, salvo autorizzazione del giudice. Questo vincolo serve a tutelare il diritto del minore al proprio futuro, evitando che i guadagni vengano dispersi o malgestiti.
E quando i minori diventano influencer? È il fenomeno del momento: baby influencer che collaborano con brand, partecipano a eventi, promuovono prodotti e raccolgono migliaia – a volte milioni – di follower.
Qui la questione si fa più complessa.
Se i contenuti sono occasionali e i compensi saltuari, anche in questo caso non è necessaria una Partita IVA. Ma se l’attività assume un carattere continuativo e imprenditoriale, il discorso cambia: sarà necessario strutturare meglio il tutto, e a quel punto potrebbe essere utile aprire una Partita IVA a nome del genitore, in qualità di rappresentante dell’attività.
Attenzione però: gestire professionalmente l’immagine e i guadagni di un minore non significa trasformarlo in un lavoratore a tempo pieno. È essenziale un equilibrio tra visibilità e protezione, tra sogno e realtà.
Ricordate che la fretta è la più cattiva consigliera della vita. In un’epoca dove l’apparenza conta più del contenuto, dove ogni successo sembra immediato e replicabile, la tentazione di “fare in fretta” è forte. Ma quando si parla di minori, il tempo va rallentato, le scelte ponderate, i professionisti consultati.
Aprire una Partita IVA non è mai un obbligo per un bambino o un ragazzo che lavora nello spettacolo. Ma essere informati, consapevoli e ben consigliati è un dovere per ogni genitore che accompagna i primi passi di un figlio sotto i riflettori.
Il talento può essere precoce. La protezione, invece, deve essere adulta.