News - 26 aprile 2024, 05:59

"Lavoro a passo d'uomo", il gender gap in Italia e il confronto con altri Paesi europei

"Lavoro a passo d'uomo", il gender gap in Italia e il confronto con altri Paesi europei

Oggi in Italia ci sono 10 milioni di donne che lavorano. È un record, raggiunto a fine 2023. Tutto bene dunque? No. Perché gettando lo sguardo oltre confine il quadro si fa sconfortante. È quasi scontato essere dietro a Germania o Svezia. Ma in verità anche Bulgaria e Grecia hanno più donne che partecipano al mondo del lavoro. A dire il vero nell’Unione Europea fanno meglio proprio tutti. Come mezzo secolo fa. Anzi, peggio, perché oggi l’Europa è ben più larga.

Ma quel record di 10 milioni di donne occupate ha un sapore agrodolce anche guardando solo in casa nostra. Perché l’aumento negli ultimi 20 anni ha interessato soprattutto le donne over 50. Che spesso un lavoro già l’avevano e l’hanno mantenuto anche oltre il voluto a causa dell’aumento dell’età pensionabile. Ma per le giovani under 34 le cose sono andate a rovescio. E così, incredibilmente, le giovani donne lavorano meno di vent’anni fa.

Il gender gap

Per colmare il gender gap avere un lavoro non basta. Bisogna vedere che lavoro è. Certi squilibri nelle professioni non fanno quasi notizia. Non è sorprendente che i minatori siano al 99% uomini. Meno scontato è che il 99% delle ostetriche siano donne. Il perpetuarsi dei mestieri maschili e di quelli femminili non facilita il superamento delle disparità. Ma il problema più grave è che la presenza femminile nel mondo del lavoro è come l’ossigeno: tende a rarefarsi con l’altezza. In Italia, tra le principali aziende quotate, i soli amministratori delegati maschi di nome “Carlo” sono tanti quante tutte le donne messe insieme.

Percorsi formativi

Per non trovarsi anche nel 2060 con più “Carli” che donne in molti settori, un fattore importante è che oggi gli squilibri di genere cessino di esistere nei percorsi formativi e all’inizio delle carriere lavorative. E qui non ci sono buone notizie. Molti posti di lavoro ben pagati vanno e andranno a chi si specializza in discipline tecnico scientifiche, come computer science, ingegneria, fisica. Le famose materie “STEM”. In queste università continuano a iscriversi prevalentemente i maschi. La percentuale di laureate donne sul totale è addirittura in leggera discesa rispetto al 2012.

Il risultato, purtroppo inevitabile, è che oggi ogni 100 ingegneri assunti solo 23 sono donne. E se questo squilibrio nelle università continua, significa che nei prossimi decenni sarà più difficile vedere parità di presenza in molti mestieri tecnologicamente avanzati e ben pagati. 

 

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