CGIA: Ristori insufficienti a coprire le perdite
Ristori insufficienti a coprire le perdite, coperto solo il 25% delle perdite subite da artigiani, commercianti ed esercenti. Entro dicembre sono a rischio chiusura 350 mila piccole e micro attività che lasceranno senza lavoro almeno 1 milione di addetti.
Lo sforzo economico messo in campo dal Governo Conte non ha precedenti. Dall’inizio della crisi pandemica fino a oggi, segnala la CGIA, le risorse direttamente a sostegno delle imprese italiane ammontano a circa 35 miliardi di euro. Nonostante ciò, questi aiuti sono stati, per la gran parte dei destinatari, del tutto insufficienti. E dopo l’approvazione dell’ultimo DPCM, la situazione in questo periodo natalizio è destinata a peggiorare ulteriormente.
Segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: ”Da alcune nostre stime emerge che i contributi a fondo perduto concessi agli artigiani, ai piccoli commercianti, ai ristoratori e agli esercenti colpiti dal Covid hanno coperto mediamente il 25 per cento circa delle perdite di fatturato subite quest’anno. A seguito delle difficoltà di questi mesi, non è pertanto da escludere che almeno 350 mila piccole e micro aziende di questi settori chiuderanno definitivamente la saracinesca entro la fine di questo mese, lasciando senza lavoro almeno 1 milione di addetti. Pertanto, per sostenere quelle imprese che invece continueranno a tenere aperto è necessario un cambio di marcia; passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi. Come ? In primo luogo indennizzando fino al 70 per cento i mancati incassi e in secondo luogo abbattendo anche i costi fissi, così come ha stabilito nelle settimane scorse la Commissione Europea. Altrimenti, rischiamo una desertificazione dei centri storici e dei nostri quartieri, poiché non potranno più contare sulla presenza di tantissimi negozi di vicinato”.
Se da un lato l’Unione Europea ha riconosciuto alle piccole imprese con una perdita di almeno un terzo del fatturato la possibilità di vedersi rimborsare dai rispettivi Paesi di appartenenza fino al 90 per cento dei costi fissi, dall’altro ha introdotto una nuova definizione dello stato di inadempienza delle aziende che creerà molti problemi soprattutto a tantissime Pmi.
Limitatamente alle figure artigiane e commerciali, inoltre, sarebbe necessaria una deroga all’attuale normativa in materia contributiva Inps, eliminando il versamento riferito al minimale prestabilito, consentendo così agli interessati al solo versamento dei contributi calcolati sull’effettivo reddito prodotto negli esercizi 2020 e 2021.
Ricordiamo che per l’anno in corso il reddito minimale considerato per i commercianti e gli artigiani al fine della contribuzione previdenziale sfiora i 16.000 euro. Di conseguenza, poiché i commercianti e gli artigiani hanno un’aliquota del 24 per cento circa, il contributo minimale che dovrebbe essere eliminato consentirebbe un risparmio pro capite di circa 3.850 euro. Misura che potrebbe essere applicata solo per le attività ubicate nelle città d’arte, consentendo comunque alle stesse la contribuzione figurativa in capo all’Inps, e su base volontaria, invece, per tutte le altre aziende. In questa ultima ipotesi, il mancato versamento del minimale andrebbe a condizionare il computo dell’assegno pensionistico.
Alla luce di tutto ciò, risottolineamo che dal 13 ottobre scorso l’Unione Europea ha modificato il Temporary Framework (quadro temporaneo per le misure degli aiuti di Stato alle imprese) procrastinandone gli effetti fino al prossimo 30 giugno 2021. Pertanto, gli Stati membri possono erogare aiuti fino al 90 per cento dei costi fissi sostenuti dalle imprese che, per effetto del Covid, abbiano subito una contrazione del fatturato di almeno il 30 per cento. Tra questi costi sono inclusi gli affitti, le bollette energetiche, le spese assicurative, etc.
(Fonte: http://www.cgiamestre.com)