domenica 26 Marzo 2023
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Intervista a Giancarlo Righini, candidato al Consiglio Regionale del Lazio per Fratelli d’Italia, nella circoscrizione di Roma e provincia

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C’è bisogno di un cambiamento capace di imprimere una svolta e dare nuova vita a questa Regione, capace di distinguerla per l’efficienza nel semplificare, sburocratizzare, programmare, pianificare e realizzare, capace di dare un nuovo tratto distintivo all’azione e alla visione politica. 

Dottor Righini, lei è consigliere regionale nelle fila di Fratelli d’Italia dal 2013, ricoprendo nel tempo vari incarichi. Conosce bene, quindi, questa Regione. Di cosa ha bisogno questo territorio, quali sono, oggi, i punti deboli e quali i punti di forza da sviluppare? 

In questi anni il Lazio ha perso peso politico e prestigio, quando invece ha tutte le potenzialità per competere, per essere la locomotiva d’Italia. Basti pensare che la Capitale è anche il capoluogo di Regione, ma Roma, con le amministrazioni M5S e Pd, sta vivendo una lunga fase di declino. C’è bisogno di un cambiamento capace di imprimere una svolta.

In caso di vittoria, da dove partirete, quali gli obiettivi principali, quali le urgenze, quali i nodi fondamentali del vostro programma?

Il Lazio è una Regione in emergenza, sotto molti punti di vista. La priorità tuttavia è certamente la sanità, non solo perché copre una parte significativa del bilancio dell’ente, ma perché si trova in condizioni deficitarie. Interverremo urgentemente sulle liste di attesa, attraverso gli strumenti che offre la tecnologia, già sperimentati in altre regioni, che permetteranno di centralizzare le prenotazioni, sia per le strutture pubbliche che per quelle convenzionate, determinando così un rapido accorciamento dei tempi. Obiettivi a medio e lungo termine, invece, saranno quelli della costruzione della medicina territoriale e lo sviluppo delle cure domiciliari, via obbligata per risolvere i problemi della sanità, specialmente verso i più fragili. Un percorso che affronteremo insieme a tutti gli operatori sanitari, vero patrimonio del sistema, ascoltando le esigenze dei territori. Non saremo ricordati come coloro che chiudono gli ospedali, ma come chi, attraverso una seria programmazione, riesce ad invertire la rotta, recuperando strutture e posti letto. Tra le altre, c’è una proposta a cui tengo particolarmente: realizzare un centro per le cure dei disturbi alimentari, patologia in crescita, soprattutto tra i giovani, dopo la fase acuta della pandemia, insieme al disagio psicologico e mentale, anch’esso meritevole di grande attenzione. Oltre alla sanità, però, non è possibile trascurare l’esigenza primaria di avviare una stagione di sviluppo economico. Sostenere le imprese per creare lavoro, attraverso infrastrutture e trasporti efficienti, penso all’ammodernamento delle flotte del trasporto pubblico, su gomma e su ferro, alla viabilità: la Roma – Latina, la Cisterna – Valmontone, la Orte – Civitavecchia, sono opere indifferibili. Investire nell’economia blu, sulla portualità, il turismo e l’agricoltura. Quest’ultimo comparto spesso trascurato, ma che conserva ampi margini di crescita. Per questo, puntiamo, ad un Testo Unico dell’Agricoltura e finalmente ad un Piano Agricolo Regionale. Ultima tra le emergenze, ma non per importanza, c’è quella dei rifiuti. È necessario un piano regionale dei rifiuti, serio, che preveda impianti moderni e adeguati alla chiusura del ciclo, dicendo no alle discariche indiscriminate ed alle scelte punitive per alcuni territori, calate dall’alto e frutto di una voglia di scaricare responsabilità romane sulla provincia.

Un programma ricco e ambizioso. Quindi, se dalle urne la coalizione del centrodestra di cui lei fa parte uscisse vincitrice, che volto nuovo darà a questa Regione? 

La Regione dovrà distinguersi per capacità di dialogo ed ascolto, ma soprattutto dovrà essere un facilitatore per tutti i cittadini e le imprese che a lei dovranno 

rivolgersi. Semplificare e sburocratizzare dovranno essere stelle polari dell’azione amministrativa. Ma ritengo che il vero tratto distintivo che dovrà segnare il governo di Francesco Rocca, sarà la capacità di programmare e pianificare gli interventi. Una capacità frutto di una visione, culturale e politica, prima che tecnica.

Come si alimenta la passione politica? Nel tempo, non si rischia di diventare dei burocrati e di trasformare la passione in mera professione?

Personalmente sono stato tra i fondatori di Fratelli d’Italia 10 anni fa, quando le percentuali erano talmente basse da non promettere nulla di buono per chi intende l’impegno politico come una carriera lavorativa. Credo che il percorso di Fratelli d’Italia, grazie alla serietà ed alla coerenza di Giorgia Meloni, racconti di una comunità che ha saputo distinguersi nel rifiutare una certa assuefazione al potere, o un certo conformismo nei comportamenti. Lo abbiamo potuto fare perché alla base del nostro impegno c’è sì la passione, ma c’è soprattutto una cultura politica, da cui discende una visione della società, che ci spinge a studiare, analizzare e approfondire i temi, per arrivare a dare risposte ai mutamenti sociali moderni, secondo i valori che da sempre ci ispirano.

Che cosa farà o cosa può fare la differenza il prossimo 12 e 13 febbraio?

La voglia di cambiare. Io dico che chi vuole cambiare va a votare. Dopo 10 anni di governo di una parte, ritengo che sia un bene, per la democrazia, il fatto che ci sia un ricambio, qualsiasi sia l’opinione politica.

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