Migliaia di imprese si trovano in ginocchio mentre le big tech sono sempre più ricche e potenti ma dichiarano poco o niente ai governi statali.
Per digital tax si intende una tassa che si applica ai ricavi derivati dalla fornitura dei servizi digitali. L’imposta pagata dai cosiddetti web giants a partire dal 2021 sarà del 3%, decisamente inferiore al prelievo fiscale di oltre il 60% riservato a tutti gli altri tipi di imprese. Si tratta di un divario particolarmente sentito a fronte della crisi economica che sta colpendo migliaia di imprese italiane.
Il mercato digitale in Italia è in grande crescita, ma è limitato ad alcuni grandi operatori del web che assorbono il 90% della crescita annuale. Google, per esempio, nel 2017 ha gestito il 51% del mercato della pubblicità online in Italia. Per questo è fondamentale garantire la libera concorrenza tra le imprese del settore evitando che i colossi sfruttino le agevolazioni fiscali previste in altri Stati membri.
Fra i player che maggiormente si sono arricchiti nell’ultimo anno c’è sicuramente Amazon che ha tratto vantaggi dai lockdown e dalle nuove esigenze dei consumatori. I profitti del gruppo di Jeff Bezos sono arrivati a 5,2 miliardi in un anno.
In UE al momento manca una legislazione comune, ma alcuni Stati hanno promosso delle digital tax statali. In Italia, con la legge di Bilancio 2019 è stata prevista l’applicazione di un’imposta pari al 3% sui ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali. Tuttavia, l’entrata in vigore della disciplina dipende dall’adozione di un decreto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e alla adozione di uno o più provvedimenti da parte del Direttore dell’Agenzia delle Entrate recanti le modalità applicative delle disposizioni.