News | 18 aprile 2025, 08:00

DFP: Confesercenti, crescita dimezzata, ma lo scenario resta ottimistico. Senza sostegni al mercato interno obiettivi di crescita resteranno fuori portata

Non solo export: con i dazi a rischio 50mila posti e 11,9 miliardi di consumi in meno in due anni, nello scenario peggiore PIL negativo già nel 2026 (-0,3%).     Necessario ricostruire il clima di fiducia e rilanciare i consumi, rafforzando i sostegni contro il caro-energia e riducendo le tasse a partire dal lavoro. Sì alla Web Tax

DFP: Confesercenti, crescita dimezzata, ma lo scenario resta ottimistico. Senza sostegni al mercato interno obiettivi di crescita resteranno fuori portata

Il Documento di finanza pubblica dimezza le stime di crescita per l’Italia, ma il quadro delineato appare ancora segnato da un eccesso di ottimismo. A preoccupare, in particolare, è la svolta protezionistica dell’amministrazione statunitense, che potrebbe avere un impatto più ampio del previsto sulla nostra economia, con una crescita del PIL e dei consumi che già quest’anno dovrebbe ridursi rispettivamente allo 0,4% e allo 0,7%, due e tre decimi di punto al di sotto delle stime del Governo.  Uno scenario peggiorativo potrebbe concretizzarsi se l’intonazione dei mercati tornasse a essere quella osservata all’arrivo dei dazi: in tal caso, si correrebbe il rischio di recessione, con il PIL in campo negativo già nel 2026 (-0,3%).

Così Confesercenti, in vista dell’audizione di oggi sul Documento di Finanza Pubblica presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Non si tratta solo di esportazioni: la tensione commerciale incide anche sulla fiducia, sulla dinamica dei prezzi e sui redditi da capitale. Solo il crollo dei mercati azionari seguito all’annuncio dei dazi ha bruciato 2 miliardi di euro di risparmi delle famiglie. Secondo le stime elaborate da Confesercenti in collaborazione con il CER, i dazi USA potrebbero determinare biennio 2025–2026, una frenata di consumi per un valore pari a 11,9 miliardi di euro e dell’occupazione per 50mila posti di lavoro circa.

A rallentare la domanda, oltre all’incertezza internazionale, anche i fattori strutturali: il potere d’acquisto delle famiglie non si è ancora ripreso dalle crisi del 2008 e del 2011. Rispetto al 2007, mancano ancora all’appello oltre 19 miliardi di euro di consumi. Conseguentemente, la quota dei consumi sul PIL – cresciuta dal 50 al 59,4% tra il 2005 e il 2015 – si è ridotta progressivamente negli anni successivi, scendendo al 55,6% nel 2024. Un segnale chiaro di come, nel lungo periodo, siano state soprattutto le famiglie a sostenere il peso delle crisi economiche. Ancora nel 2024 – certifica il DFP – le entrate fiscali sono state di oltre 11 miliardi superiori rispetto alle previsioni. Una dinamica che riflette una pressione fiscale ancora eccessiva.

È dunque necessaria una svolta. Il DFP indica come leva di crescita nel triennio 2025–2027 proprio la domanda interna, in particolare i consumi. Una scelta condivisibile nelle intenzioni, ma che necessita di politiche concrete di sostegno. Un intervento fiscale mirato a ridurre il carico su famiglie e imprese, soprattutto quelle di dimensioni minori, può favorire la ripresa della domanda interna, mentre misure aggiuntive possono essere dedicate al recupero del potere d’acquisto, con tagli fiscali e sostegni diretti. Urgente anche combattere i contratti pirata: nei nel settore Terziario si stima che il 50% dei contratti di lavoro applicati agiscano in dumping rispetto a quelli presi a riferimento per il codice degli appalti, con una differenza di retribuzione che può arrivare fino al -32%.

In parallelo, occorre affrontare il problema del caro-energia con misure sia emergenziali che strutturali, che coinvolgano anche le piccole imprese, finora escluse dai principali interventi, e rivedere la tutela territorio: con le catastrofali si chiedono al mondo produttivo fino ad 8 miliardi l’anno, si investa altrettanto per la messa in sicurezza. Infine, non si può più esitare sulla Web Tax: una tassa sulle transazioni online sarebbe un efficace strumento di tutela per l’economia reale, soprattutto per il commercio di prossimità, che subisce la concorrenza fiscale sleale da parte dei giganti online: oggi secondo le nostre stime, circa 8 miliardi di euro l’anno di profitti dalle vendite online vengono delocalizzati dalle piattaforme internazionali, sfuggendo di fatto all’erario italiano.

cs