13,5 milioni le persone che oggi sono più colpite dal rischio di povertà o esclusione sociale in Italia, equivalenti al 23,1% della popolazione. Lo evidenzia un’analisi della CGIA di Mestre, in cui si sottolinea come siano in misura maggiore i lavoratori autonomi a presentare i livelli di vulnerabilità economica più alti. I dati mostrano come le famiglie con reddito principale derivato da attività autonoma hanno un rischio di povertà pari al 22,7%, in netto contrasto con il 14,8% di quelle in cui un capofamiglia è un lavoratore dipendente. Una differenza marcata, che immortala un divario strutturale nel tessuto sociale ed economico del Paese.
Autonomi penalizzati da redditi in calo e tutele assenti
I lavoratori autonomi risultano particolarmente esposti per via di redditi più bassi, discontinui e di una protezione pubblica più debole. Secondo la CGIA si calcola che, dal 2000 a oggi, il reddito effettivo degli autonomi sia diminuito del 30%, a fronte di un calo dell’8% per i dipendenti. Per molti non è disponibile l’accesso ad ammortizzatori sociali, e la loro condizione è resa ancora più precaria dalla natura instabile delle attività svolte. Le partite IVA individuali, le consulenze e le microimprese sono spesso le prime a risentire delle crisi economiche. Tra il 2019 e il 2023, il numero di autonomi è sceso di 223 mila unità, pari al 4,2%, confermando una tendenza negativa ormai abbastanza consolidata. La quota di lavoratori indipendenti attualmente risulta inferiore al 21% del totale degli occupati, contro il 24% di un decennio fa.
Al Sud maggiore difficoltà
Il fenomeno colpisce in maniera più marcata ed evidente il Mezzogiorno. Dei 13,5 milioni di italiani in condizioni di vulnerabilità economica, circa 7,7 milioni risiedono in regioni del Sud. Le più colpite sono Campania (2,4 milioni), Sicilia (1,9 milioni), Lazio (1,5 milioni) e Puglia (1,46 milioni). In questi contesti il rischio di esclusione sociale viene rafforzato da fattori come una maggiore incidenza di disoccupazione, la frammentazione del mercato del lavoro e la scarsità di redditi continuativi. Secondo CGIA, i nuclei familiari più fragili sono quelli numerosi, monoreddito o composti da soggetti inattivi. In queste aree, infatti, il lavoro autonomo ha rappresentato un tempo una risorsa molto diffusa; tuttavia, oggi risente di una forte contrazione, segnando di fatto il passaggio da una microimprenditorialità diffusa a una condizione di crescente insicurezza economica.