Moda e turismo. Due realtà differenti ma che allo stesso tempo seguono logiche molto simili fra loro, di cui esperienza e arte fanno da cornice. E se fossero due mondi convergenti?
Risulta difficile stabilire una data precisa nel quale la moda inizia ad interessarsi al turismo e alla cultura nel senso più comune del termine, ma, sicuramente il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 segna un momento chiave di convergenza fra questi mondi. La moda è stata per molto tempo emarginata dal mondo dell’arte e della cultura, forse, per via del suo ancoraggio a logiche prettamente economiche.
Il Sistema museale della moda e del costume italiani, sempre del 2004, conferisce maggior credibilità a questo “matrimonio artistico” fra moda e cultura. Questa biunivocità rappresenta appieno il territorio italiano, che di fatto risulta in grado, secondo i dati di Banca Ifis e Federturismo Confindustria, di esprimere un valore annuo di 27 mld€ nel fashion tourism, nonché il 17% del conto economico del turismo nazionale. Fari di questo fenomeno sono le città di Milano, capitale della moda; Firenze, città natale dell’alta moda italiana, Roma e Venezia.
Non è facile stabilire quando le mostre sulla moda siano diventate una leva turistica, ma è chiaro che questa rappresenti in maniera più che esplicita una connessione col territorio circostante. Non è un caso che vi è sempre più un’attenzione particolare da parte delle istituzioni nello stanziare fondi per piccole iniziative legate alla valorizzazione culturale della moda e del territorio in cui è nata.
D’altra parte, vi è un forte slancio delle grandi case di moda nel processo di armonizzazione dei propri marchi al settore turistico, attraverso lo sviluppo di musei d’impresa. Altrettanto interessante risulta,quindi, il sostegno delle imprese e delle associazioni della moda a monumenti storici, talvolta non direttamente correlati con il proprio business ( ne è un esempio il restauro del Colosseo, terminato nel 2021 e firmato dalla casa di moda Tod’s, o ancora i restauri del Tempio di Venere e Fontana di Trevi, con fondi del noto marchio Fendi): il nuovo mecenatismo contemporaneo appartiene alla moda!
Antesignano dei musei di impresa è certamente Salvatore Ferragamo. Non solo, tra i precursori troviamo Yves Saint Laurent e Balenciaga, nonché gli unici, all’ora (anni Ottanta del secolo precedente), ad avere un archivio essenziale per raccontare il proprio Heritage. I musei di impresa non rappresentano solo il valore del marchio, ma anche del made-in-Italy, sviluppandone fortemente l’identità e l’immagine. La moda è da sempre promotrice dell’ identità di un popolo e spartiacque di strati sociali. Ad oggi i musei d’impresa sono un fattore di riconoscimento e prestigio, che dona al marchio stesso una credibilità maggiore, oltre che un fascino artistico e storico. Questo comporta, certamente un contributo all’azienda, ma anche al territorio, con uno sguardo curioso di possibili stakeholders locali, aprendo, così nuove strade a collaborazioni proficue in termini economici. È, quindi necessario, richiamare quel patrimonio di tradizioni e identità che è sempre stato la carta vincente dell’Italia e della sua moda.