Il Rapporto Welfare Index Pmi evidenzia come il welfare aziendale continua a crescere tra le Pmi: sono oltre il 68% quelle italiane che superano il livello base. Raddoppia inoltre il numero di Pmi con livello “molto alto” e “alto”, passando dal 10,3% del 2016 al 24,7% del 2022. E se la quota di imprese con livello elevato di welfare è massima (70,7% nel 2022 vs 64,1% nel 2017) tra quelle con oltre 250 addetti, è molto rilevante (66,8% vs 59,8% nel 2017) nelle Pmi tra 101 e 250 addetti. Ma raddoppiano anche le microimprese (da 6 a 9 addetti) con un livello elevato di welfare che passano dal 7,7% del 2017 al 15,1% del 2022. L’incremento è dovuto in buona parte alla semplificazione delle normative e alle risorse pubbliche stanziate per la protezione sociale, incoraggiando le aziende, anche le più piccole, a impegnarsi a propria volta a sostegno delle famiglie. Questo virtuosismo emerge anche dalle metriche di adozione delle politiche di wellbeing, misurate dall’Osservatorio “Wellbeing & Corporate” di Fitprime[1] che evidenzia come il tasso di adoption dei servizi dedicati al benessere dei lavoratori per le Pmi –– è del 45%; per le big corp sono necessari due anni per raggiungere il 16-17%. La spiegazione principale della maggior diffusione di strumenti evoluti di wellbeing nelle Pmi può certamente dipendere dalla comunicazione che caratterizza queste organizzazioni rispetto alle loro sorelle dimensionalmente maggiori. Nelle piccole aziende i processi sono più snelli e friendly e gli eventi di presentazione del wellbeing non fanno eccezione; la comunicazione è molto più semplice e raggiunge immediatamente l’intera forza lavoro in quanto il management è molto più vicino alla base. Ma non solo. Le Pmi spendono pro capite per il dipendente fino a 50 euro al mese per servizi di benessere psico-fisico, le grandi aziende non si spostano dai 2-3 euro. Una strategia che porta indubbi vantaggi all’impresa, ma che genera anche un impatto positivo su persone e comunità.
Produttività, fatturato e impatto sociale nelle PMI: l’effetto positivo del welfare
Il welfare contribuisce all’aumento di produttività e fatturato: l’analisi campionaria contenuta sempre nel rapporto Welfare Index Pmi di Generali mostra che le imprese con un welfare più evoluto ottengono performance di produttività decisamente superiori alla media e crescono molto più velocemente nei risultati economici e nell’occupazione. Nel 2021 l’utile sul fatturato delle aziende con livello di welfare molto alto è stato doppio rispetto a quello delle aziende a livello base: 6,7% contro 3,7%. Altrettanto grande è risultato il divario nel MOL (Margine Operativo Lordo) pro capite che misura la produttività per singolo addetto. Tra le imprese - con livello molto alto di welfare aziendale - l’indice di produttività MOL / fatturato è cresciuto da 9,4% nel 2019 a 11% nel 2021, rispetto a un incremento dello 0,2% tra le imprese ad un livello base di welfare. Anche gli indici di redditività seguono la stessa dinamica.
Per la prima volta l’analisi dimostra che il welfare aziendale è anche un fattore di resilienza: le Pmi con un welfare più evoluto hanno tenuto meglio nella pandemia e dimostrato maggiore slancio nella ripresa. Le Pmi con welfare evoluto hanno, inoltre, un maggiore impatto sociale sui propri stakeholder: lavoratori e loro famiglie, fornitori, clienti e comunità. Inoltre, contribuiscono molto di più della media alla crescita dell’occupazione di donne e giovani. Le imprese che concepiscono il welfare come leva strategica di sviluppo sostenibile sono raddoppiate, da 6,4% del 2016 a 14,1% del 2022. Ben l’87,5% di queste aziende genera un impatto sociale di livello elevato, contro una media generale del 38%. Per le PMI ad uno stadio iniziale di sviluppo del welfare aziendale tale percentuale si ferma al 6%.
La forma della “wellness valley” che prende piede in Italia: il caso Belluno
Dal nostro osservatorio privilegiato, seguendo ormai centinaia di aziende in Italia, possiamo affermare che le Pmi sono in genere follower di aziende più grandi, del capo filiera che insiste nello stesso territorio e che opera nel medesimo settore industriale. È un wellbeing di prossimità, con la nascita di veri e proprio distretti più o meno coincidenti con quelli tradizionali legati a una particolare produzione. Il primo di questi distretti del wellness si è creato nella provincia di Belluno, un territorio che coincide con il distretto dell’occhialeria. E’ qui che sta nascendo la prima wellness valley. Il benessere aziendale, infatti, può avere un effetto positivo più ampio, migliorando la qualità della vita nella regione e portando a un aumento della produttività e della redditività aziendale.
Belluno è una provincia che conta 200mila residenti e 70mila lavoratori. La capo filiera della wellness valley veneta è ovviamente Luxottica, la big company degli occhiali, che dal 2022 offre ai suoi dipendenti i servizi di Welfare & Wellbeing di Fitprime. A imitare la capo filiera sull’offerta welfare per i dipendenti sono già arrivati Marchon, Visottica e altre realtà locali. Complessivamente ad oggi degli 8mila lavoratori che impiegano le aziende affiliate, Fitprime ne raggiunge il 25%, e un dipendente ogni quattro acquista un servizio al mese sulla piattaforma. Gli utenti attivi ad oggi sono 2000, ma il potenziale è ancora enorme. Sempre dall’Osservatorio “Wellbeing & Corporate” di Fitprime risulta che nei 12 mesi compresi tra maggio 2022 e maggio 2023, su 700.000 ingressi in palestra monitorati da Fitprime Places (accesso a 3.500 centri presenti sul territorio italiano), dopo Roma e Milano le province più attive sono state proprio Belluno e poi a seguire Torino e Napoli. I Bellunesi sono infatti più attivi della media, fino al 30%. Se un dipendente medio che usufruisce dei servizi Fitprime si allena 5,8 volte al mese, a Belluno lo fa 7,3 al mese. Con un impatto misurabile sulla comunità.
PMI sono un esempio virtuoso da seguire?
Le PMI italiane stanno chiaramente dimostrando che il benessere dei dipendenti è una leva strategica essenziale, non solo per il successo economico, ma anche per il benessere sociale delle comunità. Con un'adozione più rapida e generosa dei programmi di welfare rispetto alle grandi aziende, le PMI contribuiscono significativamente alla crescita sostenibile e al rafforzamento della resilienza comunitaria, stabilendo nuovi standard di cura e supporto nei luoghi di lavoro. Abbiamo visto che questo approccio non solo eleva la produttività e la redditività, ma rinnova anche il tessuto sociale del territorio, rendendo le PMI pionieri di un cambiamento culturale profondo e duraturo.
Il mercato globale del lusso ha dimostrato una notevole stabilità, nonostante le turbolenze geopolitiche ed economiche del 2023, superando il valore record di 1.500 miliardi di euro. Questo trend è stato guidato dalla ripresa dei viaggi di lusso e da una robusta stagione di shopping negli Stati Uniti durante le festività del quarto trimestre lo scorso anno. Sebbene il primo trimestre di quest’anno abbia visto un rallentamento nella maggior parte delle regioni geografiche a causa delle pressioni macroeconomiche, il Giappone ha continuato a prosperare, grazie al boom turistico.
Queste sono tra le principali evidenze emerse dall'ultimo Bain & Company Luxury Goods Worldwide Market Study, pubblicato oggi in collaborazione con Altagamma. La ricerca evidenzia una tendenza continua a favore delle offerte esperienziali rispetto ai beni tangibili. Particolarmente notevole è la crescita costante nel segmento dell’hospitality, così come nel cibo gourmet e nella ristorazione di lusso, alimentata da un’industria turistica in ripresa e dalla crescente domanda di esperienze immersive. Si registra inoltre un crescente interesse per le crociere di lusso più intime, che superano i concetti tradizionali di crociera. Inoltre, il mercato ha visto una crescita costante nei jet privati e negli yacht, mentre il mercato delle aste d’arte ha rallentato la propria corsa, a causa della carenza di opere e delle incertezze economiche.
Il mercato dei beni di lusso personali ha registrato una lieve contrazione nel primo trimestre dell’anno. La chiave per garantire una crescita stabile nei vari sottosettori sarà la capacità dei brand di gestire l'aumento dei prezzi mantenendo un equilibrato rapporto qualità-prezzo agli occhi dei consumatori.
“In questo complesso momento storico, i brand del lusso devono riconsiderare come costruire la propria proposizione di valore per porre maggiore enfasi sulla fiducia e sulla connessione con i consumatori”, spiega Claudia D'Arpizio, Senior Partner di Bain & Company e responsabile globale moda e lusso di Bain, nonché autrice principale dello studio. "Molti stanno attraversando una crisi momentanea, influenzata dalle pressioni macroeconomiche e da una base clienti polarizzata. Questo rappresenta un'opportunità unica per tracciare un nuovo percorso, favorendo una connessione più personale con i clienti. Purpose e autenticità saranno la guida per prosperare in un mercato sempre più competitivo”.
Il Giappone brilla, mentre in altre regioni emergono diverse sfumature
Si prevede che il primo trimestre del 2024 registri, per il mercato dei beni personali di lusso, una contrazione compresa tra l’1% e il 3%, ai tassi di cambio attuali, con significative variazioni nelle performance dei marchi sia tra che all'interno delle diverse regioni.
Sostenuti dai flussi turistici nel primo trimestre dell’anno, sia l'Europa che il Giappone hanno mostrato una notevole resilienza, con il Giappone che ha prosperato attirando un numero crescente di nazionalità oltre alla tradizionale predominanza dei viaggiatori cinesi. La ricerca indica che questa ripresa può essere in gran parte attribuita al recupero dei viaggi dell'anno precedente, rimandati a causa delle restrizioni legate al Covid-19. In Giappone, i flussi turistici hanno superato i livelli pre-pandemia, favoriti da un favorevole arbitraggio dello Yen, che ha raggiunto i minimi rispetto al dollaro statunitense degli ultimi due decenni. Questo ha provocato un'affluenza di turisti provenienti da tutto il mondo, che hanno affollato sia le destinazioni consolidate che le nuove località di lusso emergenti in tutto il paese.
Il mercato cinese è sotto pressione per via di due fattori: la ripresa del turismo internazionale e una domanda interna in calo dovuta alle crescenti incertezze economiche. Quest'ultima sta minando la fiducia dei consumatori della classe media, portando a una "vergogna del lusso" simile a quanto verificatosi nelle Americhe durante la crisi finanziaria del 2008-09. Allo stesso modo, gli Stati Uniti continuano a confrontarsi con pressioni macroeconomiche nonostante i segnali di miglioramento graduale del PIL e della fiducia dei consumatori.
La Generazione Z affronta crescenti pressioni. I brand adottano una strategia dicotomica per i clienti
Di fronte a crescenti livelli di disoccupazione e a prospettive future incerte, le generazioni più giovani stanno rinviando gli acquisti di beni di lusso. Al contrario, la Generazione X e i Baby Boomers continuano a beneficiare delle ricchezze accumulate, aumentando le loro spese e attirando l'attenzione dei marchi di lusso. Questo fenomeno si aggiunge a una crescita costante del segmento dei consumatori di alto livello.
Molti player stanno adottando un approccio dicotomico: da un lato, si concentrano sui clienti di punta attraverso eventi su larga scala; dall'altro, investono per espandere la loro portata esplorando nuovi territori, inclusi gli sport. Sebbene lo sport sia stato a lungo visto come un'opportunità di branding per i beni di lusso, i marchi stanno ora concentrando la loro attenzione su nuove discipline come il padel, le maratone e il calcio.
Naturalmente, i brand del lusso saranno protagonisti alle Olimpiadi del 2024 a Parigi. Queste opportunità di branding non solo offrono ai marchi una piattaforma per raggiungere nuove audience, ma anche la possibilità di coinvolgere i clienti esistenti in modi innovativi.
Gioielli e piccoli piaceri guidano la crescita
I gioielli emergono come i protagonisti indiscussi nel panorama attuale, con i consumatori che prediligono acquisti orientati all'investimento, superando la crescita degli orologi e dimostrando forza sia nei segmenti di lusso che in quelli entry-level. Nel contempo, i consumatori aspirazionali stanno indirizzando la loro spesa verso makeup, profumeria e occhiali, considerati piccoli piaceri. Parallelamente, l'abbigliamento ha sorpassato gli accessori grazie a una strategia mirata a catturare l'attenzione dei clienti di alto livello, mentre le scarpe registrano un rallentamento tra i consumatori aspirazionali.
"Una strategia duale, focalizzata sull'attrazione della clientela di alto livello e sui piccoli lussi, sta guidando la crescita ai due estremi dello spettro dei prezzi", commenta Federica Levato, Senior Partner di Bain & Company ed EMEA Leader Moda e Lusso, nonché coautrice del rapporto odierno. "Ma ora non è il momento per i brand di accontentarsi. In un mercato turbolento, i vincitori sapranno ripensare la proposizione di valore in ottica high-low su tutti i punti di contatto con il consumatore, espandendo la base ma consolidandone allo stesso tempo fedeltà e advocacy”.
Mentre navigano attraverso tempi incerti, i brand dovranno investire in fattori che favoriscono la crescita, difendere gli elementi chiave del business, mantenere un'agilità decisionale e ottimizzare la gestione degli stock per garantire efficienza e prontezza di risposta alla domanda di mercato.