Il nuovo rinascimento napoletano si chiama turismo a valanga, in particolare nel periodo delle festività a cavallo fra fine e inizio d’anno, set di film e fiction di grande popolarità, con un impatto moltiplicatore di cui beneficia l’economia del territorio. Si stanno, inoltre, approntando strategie di destagionalizzazione.
<figure class="wp-block-image size-full"><figcaption class="wp-element-caption">La Fiera dei Balocchi Mostra del Giocattolo Antico Foto© Leonardo Marciano</figcaption></figure>
Non si canti vittoria, il tunnel è sempre dietro l’angolo, ma i settori produttivi più direttamente coinvolti, l’alberghiero, la ristorazione, l’artigianato locale, il commercio, le produzioni tipiche stanno registrando risultati oltremodo positivi.
Monumenti e chiese hanno un flusso di visitatori maggiore rispetto al pre-Covid; così i Musei che propongono, oltre alle collezioni permanenti, anche mostre ad hoc, che fanno da ulteriori attrattori verso un pubblico proveniente dall’Italia e dall’estero.
<figure class="wp-block-image size-full td-caption-align-center"><figcaption class="wp-element-caption">La Dott.ssa Candida Carrino, Direttrice dell'Archivio di Stato di Napoli. Foto ©Mario Laporta</figcaption></figure>
Un fenomeno a sé è stata la Fiera dei Balocchi – Mostra del Giocattolo Antico, in corso all’Archivio di Stato (Piazzetta Grande Archivio, 5, poco lontano da via Duomo e dalla tappa immancabile di San Gregorio Armeno, con i suoi mitici laboratori artigianali dei pastori), dove sono esposti mille e più di mille giocattoli provenienti dalla collezione dell’avvocato Vincenzo Capuano, funzionario bancario e docente universitario di un’inedita disciplina, la Giocattologia, che ne possiede oltre 5mila, per un totale di 10mila pezzi.
<figure class="wp-block-image size-large"><figcaption class="wp-element-caption">La Fiera dei Balocchi - Mostra del Giocattolo Antico Foto ©LeonardoMarciano</figcaption></figure>
È la prima volta che l’Archivio di Stato, diretto da Candida Carrino, misconosciuto ai più, giacché santuario di ricercatori e studiosi per la gran messe di documenti che custodisce, si apre al grande pubblico.
La sede si presta: nell’ex monastero dei Santi Severino e Sossio, adibito a quest’uso nell’800, si dipanano oltre 70 chilometri di faldoni, in 24mila metri quadrati di superficie, con 4 chiostri, sale monumentali, tutte affrescate da famosi pittori: il quattrocentesco Antonio Solaro, detto lo Zingaro e Belisario Corenzio, in auge due secoli dopo. In più, Mostra e parte monumentale sono visitabili gratuitamente, il che incentiva l’accesso dei turisti. Il tutto sarà aperto fino al 30 gennaio, con una possibile proroga, visto il successo riscosso.
<figure class="wp-block-image size-full"><figcaption class="wp-element-caption">Cavallo a ruote - La Fiera dei Balocchi, Mostra del Giocattolo Antico Foto ©Leonardo Marciano</figcaption></figure>
Degli stessi giocattoli, allestiti fantasiosamente e con gusto da Donatella Dentice d’Accadia, però, è possibile trarre una lettura ‘professionale’, ricostruendo la storia economica e politica degli ultimi due secoli e mezzo.
Le bambole più antiche, infatti, risalgono al XVIII secolo ed erano appannaggio delle bambine dell’aristocrazia. All’epoca, prima dell’uragano della Rivoluzione francese, la borghesia ancora non poteva ambire a quelle che erano considerate espressione di ricchezza, privilegio e… spreco. Toglie il fiato, ad esempio, una portantina settecentesca, foderata di seta, in cui sono assise nove bambole, riproducenti personaggi della Corte borbonica, fra cui il Re e la Regina, acquistata da Capuano dagli eredi di una famosa collezionista.
Solo nell’800, nella società occidentale si ampliò il ventaglio dei fruitori dei giocattoli, comprendendo la sempre più ricca ed emulativa borghesia. E’ esposta, fra le tante, una bambola che ha un corredo di abiti e accessori talmente ampio da poterne esporre solo una parte, altrimenti ne sarebbe stata occupata un’intera sala. Il che, indirettamente, dimostra il quasi sorpasso della borghesia sull’aristocrazia fino ad allora imperante, simboleggiato anche dalla produzione di automi estremamente complessi, in grado di compiere gesti aggraziati.
Girando l’esposizione, che si dipana fra sale, atri, chiostri, s’incontrano teatrini, burattini, giochi da tavolo che ci accompagnano al ‘900, secolo in cui i bambini, proiezione del benessere familiare, poterono fruire di giochi di fattura più complessa: si passa dall’artigianato all’industria.
Un esempio fra tutti, i giocattoli di latta; ma non dimentichiamo il successo della fabbrica torinese Lenci, produttrice di bambole realizzate col famoso ‘panno Lenci’.
Una vetrina, poi, è particolarmente significativa, in quanto sottolinea quanto i regimi fascista e nazista utilizzarono anche i giocattoli per catechizzare le nuove generazioni. Ci sono bambolotti e un Pinocchio con la divisa da Balilla, nonché un modellino di Mercedes scoperta, nera, del 1936 in cui uno degli occupanti, facilmente riconoscibile è Adolf Hitler.
Il boom economico ha dato una forte spinta ai giocattoli industriali: è qui esposta la prima Barbie, madre di tutte le sue eredi, datata 1959 e accompagnata dai familiari e amici, messi successivamente sul mercato, che evidenziano la spinta allo sfrenato consumismo. Per i boomers nostalgici, poi, è esposta un’altra automobile scoperta in latta, meno inquietante, del 1964: a bordo ci sono i pupazzetti dei Beatles e fu creata in occasione della tournée dei Fab Four in Spagna.
Con gli anni ’70, però, non possiamo parlare più di giocattolo antico e nella contemporaneità, coi bimbi, quasi neonati, tenuti buoni con i giochi elettronici e le app dei cellulari, se vi coglie un attimo di nostalgia, non c’è che auspicare che la grande collezione Capuano diventi un’esposizione permanente, ospitata in un Museo che si sta cercando di fondare. Dove? A Napoli, naturalmente.
Testo di Annamaria Barbato Ricci - Foto ©Mario Laporta e ©Leonardo Marciano